venerdì, 18 maggio, 2012, 13:19 - Social networks
Ad un mese di distanza dall’avvento delle nuove Facebook Brand Page, che hanno visto il proprio layout sconvolto dalle Timeline così come già successo con i profili, molti in rete si sono chiesti se questo cambiamento abbia portato reali benefici ai brand che utilizzano Facebook come spazio fondamentale della propria social media presence.
Si sa, alle persone solitamente non piacciono i cambiamenti . Tuttavia, Facebook ci ha negli anni abituati a cambiamenti rapidi e spesso radicali. Capita di non avere il tempo di riadattare la propria routine alle novità, che già si rincorrono voci delle prossime features, come in questi giorni è capitato in merito alle Timeline versione 2.0, quella con video incorporato.
Intanto, più di qualche voce autorevole della rete si è chiesta quali sono stati i reali benefici portati dal nuovo design delle brand page di Facebook. Stupenda e significativa la citazione di Steve Jobs riportata da Jeff Bullas sul suo blog affrontando proprio questo tema. In un’intervista rilasciata a Wired nel 1997 Jobs affermava: “People think that design is how it looks, but it goes much deeper than that, it is actually how it works”. Quindi…
“Funziona” il nuovo design delle pagine Facebook?
Per capire se il nuovo design sia stato o meno un fallimento dal punto di vista dell’usabilità e del design riportiamo alcuni punti di un’interessante studio condotto da Simple Usability, basato su cosa gli utenti una volta giunti su una pagina vedono e come interagiscono, realizzato attraverso un sistema di monitoraggio eye movements and actions degli utenti che navigano on line.
Uno dei primi punti interessanti ad essere trattato è la Cover Images e l’impatto poco significativo che ha avuto.
A ben vedere, il layout tra le brand page e i profili è sostanzialmente identico, con la differenza che le pagine sono utilizzate a scopo di marketing. Quindi, la portata comunicativa della cover è forse ridotta a causa del fatto che viene percepita come un banner. Cosa che invece non può accade nei profili in cui lo stesso spazio viene sostituito e aggiornato continuamente diventando pregno di significato e mantenendo la sua natura di mezzo espressivo.
La stessa ricerca mostra di contro quanto la sezione About e la Timeline History siano genericamente molto apprezzate dagli utenti in quanto: l’About in particolare risulta più facile da trovare rispetto a quanto accade sui siti internet ufficiali (in realtà, su questo punto a mio parare pesa il fatto che avendo la brand page un layout standard queste informazioni sono sempre nello stesso posto); la Timeline invece permette di risalire rapidamente alle tappe fondamentali della storia dell’azienda, caratteristica molto utile per permettere a chi cerca informazioni specifiche sul nostro brand di recuperarle facilmente.
Altra sezione discussa è quella inerente alle Attività Recenti svolte dai propri amici in contatto con la brand page. Conoscere chi dei propri amici ha interagito con la pagina è ritenuto uno stimolo sufficiente a compiere un Like. Leggere status e commenti sulla pagina di un brand da parte di amici, porta un utente a volersi interessare ai contenuti della stessa.
Un problema, tra l’altro subito notato da chi lavora nel settore e confermato dallo studio, è la posizione fortemente penalizzante in cui sono state destinate le Facebook Applications. Molti utenti intervistati hanno dichiarato addirittura di – non aver notato la freccia – con cui è possibile espandere la sezione app dedicata.
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giovedì, 17 maggio, 2012, 21:49 - Generale
A nadie se le escapa que desde que nacemos estamos expuestos a miles de impactos publicitarios. Crecemos con la televisión, y por ende, nos acostumbramos a ver anuncios en la tele, pero cuando salimos a la calle la cosa no cambia demasiado.
Vallas publicitarias, cuñas de radio e incluso publicidad en videojuegos o en el propio teléfono móvil, por no hablar de la publicidad en Internet.
Desde que nacemos hasta el día que morimos, somos objetivo de cientos de miles de campañas publicitarias (sólo falta que un día haya alguna empresa que se anime a patrocinar las esquelas), y al hilo de esto me llega por parte de Arancha, de Historias de cracks, esta original fotografía donde de algún modo se trata de reflejar que desde que nacemos somos objeto de la atención publicitaria de las marcas.
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giovedì, 17 maggio, 2012, 14:03 - Social networks
Dietro l’ennesimo lifting di Facebook potrebbero esserci ragioni e obiettivi piuttosto interessanti. Il mese scorso, infatti, il gigante dei social network annunciò la realizzazione di uno strumento “conversion tracker” finalizzato a permettere ai marketer di aggiudicarsi più conversioni e di poter quantificare la produttività della propria presenza su Facebook. Ora i ricercatori della Rice University hanno esaminato il reale valore dei “Facebook supporters”.
I responsabili dello studio hanno provvisto la catena di ristoranti Dessert Gallery di una fan page su Facebook e hanno intervistato 1.700 clienti del marchio, scoprendo che:
- le visite ai negozi DG, una volta divenuta operativa la pagina, sono aumentate del 36%;
- la spesa dei clienti è salita del 45%;
- i fan spendono il 33% in più rispetto al passato;
- il 14% di essi confessa maggior attaccamento emotivo alla marca;
- il 41% dichiara di essersi fidelizzato al brand DG.
Soltanto il 5% dei 13.000 clienti di Dessert Gallery, precisano gli studiosi, è iscritto alla fan page su Facebook. Questo potrebbe significare che avere molti supporters nel social network potrebbe essere maggiormente decisivo per le marche-icona, che hanno una vasta clientela e quindi maggiore probabilità che i propri seguaci siano iscritti a “Faccialibro”.
Tuttavia, concludono i ricercatori, una strategia combinata di marketing reale e virtuale può far impennare le vendite come successo a Dessert Gallery. Che ne dite?
Ruggero Le Piane
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giovedì, 17 maggio, 2012, 00:33 - Generale
Era il 1999 e alle soglie del nuovo Millennio si intravedevano le tracce di un innovativo linguaggio pubblicitario: la fiction pubblicitaria seriale o advertainment.
Il primo caso a mio parere fu la campagna dell'allora SIP (con Massimo Lopez). Allora le agenzie non sembravano essersi accorte che da lì a poco si sarebbe inaugurato un vero e proprio filone comunicativo, assai longevo, visto che è presente ancora ai giorni nostri. Soprattutto nel mondo della telefonia, non più fissa come allora ma mobile, che vive per lo più all'interno di mini siparietti dal tono ludico e scherzoso.
Una formula che, di certo, dai primi anni del Duemila consente di dar spazio alle continue e numerose offerte telefoniche che si susseguono senza sosta. Ma anche in altri settori merceologici l'advertaiment ha dato buoni frutti. Si pensi ad esempio alla coppia Amadori, dove troviamo anche una delle nuove icone del mondo pubblicitario, Teresa Mannino.
Propongo, allora, un rapido tuffo nel passato (approfondimento al link http://www.patriziamusso.it/Comunicazioni%20Sociali%20_Advertainment.pdf): si tratta di un saggio pubblicato nel 1999 (all'interno della rivista scientifica "Comunicazioni Sociali" dell'Università Cattolica di Milano), dove veniva definito, inventandolo ex novo, il concetto di advertainment, per riguardare, magari anche con nuovi occhi, gli spot contemporanei.
Questo perché in questo periodo si ha la sensazione che si sia di fronte ai primi segni di stanchezza e mancanza di creatività nell'advertainment, complice anche la crisi del settore. Ma anche l'evoluzione del contesto socio-culturale, sembre più "viziato" da una comunicazione impattante, spettacolare, interattiva e dinamica offerta dai nuovi mezzi.
A questo proposito, se ancora non l'avete visto, provate a scatenare la vostra creatività on line con il nuovo spot Tippex, che porta avanti la storia del cacciatore e del suo amico orso: si trova qui: http://www.youtube.com/watch?v=eQtai7HMbuQ.
Tornando invece al mondo mass mediale, è possibile che dovremo prepararci a una nuova fase della pubblicità tv, come era successo alla fine degli anni '70 con la chiusura del mondo di Carosello. Senza più storie a puntate. Nel mondo della telefonia Vodafone sembra da questo punto di vista aver già dato il via a una nuova era, abbandonando il format stile "Casa Vianello" riproposto fino a poco tempo fa con la famiglia Totti. Senza storie che si rimandano da puntata in puntata, senza testimonial famosi. Solo persone comuni e frammenti di vita quotidiana in cui ciascuno possa riconoscersi.
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giovedì, 17 maggio, 2012, 00:08 - Generale
Parlo da amante dei libri e da persona che ha lavorato a lungo in una libreria. Ma non sono prevenuta verso l’ultima invenzione di Internet che rischia di soppiantare un mercato antichissimo come quello dei libri di carta. Inizialmente non ci avevo dato molto peso, perché credevo che fosse l’ennesima trovata che avrebbe sfondato solo sul mercato statunitense, molto all’avanguardia e allo stesso tempo culturalmente diverso dalla vecchia Europa.
Ma in questo caso mi sbagliavo perché, seppur lentamente, l’e-book sta prendendo piede anche in Italia. La mia reazione iniziale è stata abbastanza dura, un po’ come quando una signora anziana vede cambiare intorno a sé l’ambiente in cui ha sempre vissuto. Temevo di essere destinata a non poter più provare sensazioni belle come il sentire l’odore della carta dei libri, la possibilità di sottolinearne le pagine, di poterlo sfogliare mentre lo si sceglie in libreria, la bellezza di averlo in casa e poterlo rileggere tutte le volte che vuoi. Sì, ero decisamente una ‘vecchia signora” cui stavano togliendo una delle sue passioni più forti e belle, andare in libreria in qualsiasi città mi trovi.
Ma la curiosità di capire e studiare questo nuovo oggetto mi ha fatto aprire la mente e gli occhi e mettere da parte per un attimo la ferma convinzione che non avrei mai comprato un lettore di e-book. Oltre alla curiosità personale, la molla che ha fatto scattare in me la voglia di esplorare questo nuovo mondo, è stato l’incontro in metropolitana con un distinto signore di mezza eta che leggeva con estrema nonchalance il suo e-book. Aveva superato la ritrosia per il touchscreen, la mancanza di pagine reali e non virtuali da girare, era un perfetto e-reader. A livello di marketing, l’operazione era perfettamente riuscita perché il prodotto aveva conquistato un consumatore che, in fase di progettazione della campagna pubblicitaria, probabilmente non si sarebbe mai pensato di poter né colpire né soddisfare. Ma quel signore non solo leggeva, ma era anche molto soddisfatto.
Obiettivo centrato!
Non credo che abbandonerò mai del tutto il piacere di andare in una libreria e scegliere un libro ma, sarà per il fatto che la cervicale non mi lascia scampo e i libri pesano, non escludo, un giorno, di potermi sedere di fianco a quel signore in metropolitana e leggere, con altrettanta soddisfazione mia (e del mio collo), un e-book. Di cui, ovviamente, comprerò una copia cartacea da tenere in casa.
Alice Wetzl
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