venerdì, 22 giugno, 2012, 08:36 - Guerrilla marketing
| [ 0 trackbacks ] | permalink
venerdì, 22 giugno, 2012, 08:04 - Generale
Gli Olvarit Toddlers Flakes sono dei cereali adatti ai più piccoli, per promuovere il prodotto alcuni praticanti di una palestra di Bruxelles sono diventati vittime inconsapevoli di uno scherzo.
Tra i presenti spiccano infatti 6 bambini, accompagnati da genitori atleti intenti a far svolgere loro degli esercizi assolutamente non adatti a chi non ha neanche raggiunto i 3 anni di età: "se va bene per te non è detto che sia adatto anche a loro".
| [ 0 trackbacks ] | permalink
venerdì, 22 giugno, 2012, 00:16 - Generale
Estimativa é do banco Itaú Unibanco, que projeta ainda um impacto de 1,5% do evento no PIB brasileiro
A Copa do Mundo de 2014 deve ter um impacto na economia do País do tamanho da paixão do brasileiro pelo esporte bretão. De acordo com dados levantados pelo Itaú Unibanco, o torneio da Fifa pode propiciar gastos de US$ 3 bilhões a US$ 6 bilhões entre o universo de 165 milhões de potenciais consumidores do Brasil. Já o impacto no Produto Interno Bruto deve ser de 1,5 ponto percentual.
As 12 cidades-sede devem receber investimentos da ordem de R$ 142 bilhões, sendo R$ 37 bilhões somente em infraestrutura. A construção de estádios irá consumir R$ 7,2 bilhões, enquanto os setores de telecom e segurança receberão aportes de R$ 4,2 bilhões e R$ 4,1 bilhões, respectivamente. Com isso, a expectativa é a criação de cerca de 250 mil empregos no País.
O mercado de turismo, por sua vez, terá um incremento de três milhões de visitantes nos próximos três anos, sendo dois milhões de estrangeiros e um milhão de brasileiros. O volume financeiro movimentado por esse contingente de pessoas pode girar na casa de R$ 5 bilhões.
Os reflexos do Mundial também poderão ser sentidos na pirâmide social brasileira. Até 2014, a classe média deve crescer 23%, passando de 114 milhões para 140 milhões de pessoas. Os dados foram apresentados no
Seminário Itaú Empresas de 2012, realizado na quinta-feira 21, no Auditório do Ibirapuera, na capital paulista. Dentre os participantes do evento estavam Ilan Goldfajn, economista-chefe do Itaú Unibanco, e Jay Neuhaus, diretor de marketing da FIFA no Brasil.
| [ 0 trackbacks ] | permalink
giovedì, 21 giugno, 2012, 07:43 - Social networks
Quale social network proporre ad un cliente che vuole creare e consolidare la propria social media presence? Meglio una brand page su Facebook o su Google+?
Google+ arranca nonostante aver raggiunto la soglia rispettabilissima di circa 170 milioni di utenti in un anno, di cui 100 utenti attivi. Ironicamente c’è chi da il merito a Google di aver offerto a Facebook la possibilità di mantenere il proprio design “fresco” lanciando le Timeline:
I do like the Google+ interface and I am sure it had a significant impact on keeping Facebook fresh with its new “Timeline” design rollout and evolution.[Jeff Bullas blog]
Il vero problema di Google+ è l’engagement?
Personalmente continuo a postare contenuto relativo a questo blog su Google+ solo appunto perché si tratta di Google, e quindi c’è sempre la speranza che estragga un coniglio dal cilindro da un momento all’altro, ma devo dire che contrariamente a quanto affermato ad esempio da Shareaholic nell’ultimo suo report sul Referral Traffic, Google+ ci porta quasi il triplo delle visite di Pinterest.
Ma se il traffico può essere considerato soddisfacente non si può dire lo stesso della partecipazione. Ecco cosa scrive Davide Pozzi del Tagliablog, riprendendo l’analisi condotta RJMetrics relativi all’engagment di Google+:
- mediamente un post ottiene meno di un +1, meno di una risposta e meno di una ri-condivisione.
- il 30% degli utenti che fa un post pubblico, non ne fa mai un secondo. Anche dopo aver fatto 5 post, c’è una probabilità del 15% che l’utente non pubblichi più nulla.
- fra gli utenti che scrivono post pubblici, c’è una media di 12 giorni fra un post e l’altro.
- uno “studio longitudinale” (cohort analysis) rivela che, quando l’utente fa un post pubblico, il numero medio di post pubblici che farà nei mesi successivi cala in modo costante. Questo trend è stato confermato in più studi ripetuti nel tempo.
Facebook is brand friendly
Facebook palesa una natura commerciale più aperta rispetto a Google+. Infatti, su quest’ultimo le brand page più celebri appartengono a marchi come Android, Mashable e Chrome, evidentemente più in linea con la natura dei Google+ user individuato nell’infografica in basso. Su Facebook invece i brand abbracciano più settori merceologici, inquadrandolo quindi come piattaforma di riferimento per chi vuole lanciare un prodotto destinato al consumo di massa. Coca Cola, Disney e Starbucks sono i top brand.
Inizia ad essere una perdita di tempo curare una brand page su Google+?
Domanda legittima. La risposta più dai numeri, in questo caso mi sento di poterla dare su base esperienziale. Da quando è nato Google+ un anno fa, non ho mai ricevuto una mail, una richiesta di qualsiasi tipo, da parte di un cliente che chiedesse di essere presente anche sul social network property di Google. Cosa che invece non è successo per Pinterest, che in pochi mesi ha fatto piovere richieste in questo senso. C’è da dire inoltre, che neanche da parte di noi strategist è mai partita la proposta di utilizzare Google+ come hub principale per il lancio di una campagna, o semplicemente un contest. Per Twitter e Pinterest invece anche in questo caso le cose sono andate diversamente, tanto da avere la possibilità di parlarne su questo blog con post di notevole successo.
Tempi duri per Google+ insomma. Ma per quanto tempo ancora?
| [ 0 trackbacks ] | permalink
mercoledì, 20 giugno, 2012, 06:59 - Generale
Da Neogama para a Playboy. Tao bom que chega a ser melhor que a revista, nao é? Tambem tem 1 filme.
| [ 0 trackbacks ] | permalink
Indietro Altre notizie