giovedì, 19 settembre, 2013, 21:58 - Generale
Questione arcinota ma sempre affascinante: meglio il post breve o quello lungo? La risposta è semplice: dipende. Dipende dall’argomento, dipende dagli approfondimenti e dal target.
Il target. Questo sconosciuto. Quante volte hai scritto solo per soddisfare il tuo ego? Troppe, è logico. Gli scrittori amano scrivere e si lasciano andare.
Poi quando arrivano i vincoli del target, del marketing, delle esigenze professionali… Mi dispiace: sei un webwriter e devi scrivere per farti leggere e capire, non per autocelebrarti.
Non esiste una formula magica, non esiste un solo motivo per scegliere a priori un modello piuttosto che un altro. Ma ho sempre difeso la semplicità. La chiarezza. La lettura facile e veloce.
Questione di stile, certo. Ma non solo. Sul web la semplicità, il dono della sintesi, è oro. Perché chi arriva sulla tua pagina, molto probabilmente la esplorerà con metodo.
Ma difficilmente la leggerà tutta. Quindi devi togliere il superfluo. Devi spezzare il testo (prendi esempio da Telegraph.com) e usare una sintassi lineare. Devi evitare termini vuoti, avverbi e aggettivi che appesantiscono il testo.
Cosa resta dell’articolo? Soggetto, verbo e complemento. No, non ti piace tutto questo.
Tu vuoi articoli altisonanti e criptici per ammirare, nella penombra del tuo ufficio, l’espressione sbalordita del lettore. Un lettore che non tornerà più sul tuo blog. Metti insieme 500 lettori delusi e cosa ottieni? Un blog fallito.
Torniamo al discorso iniziale. È inutile domandare a un blogger qual è la lunghezza giusta di un post: la lunghezza giusta la decide il lettore. Sarà lui a premiarti o a punirti.
I tuoi lettori cosa preferiscono? Post lunghi o brevi? E tu? Prediligi articoli completi ma efficaci o post che si perdono in mille parole inutili?
N.B. Il lettore non è ignorante. Sei tu che non sai comunicare!
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mercoledì, 18 settembre, 2013, 20:16 - Social networks
Unite e superate la dicotomia tra mondo reale e virtuale non è solo la trama del film Matrix di Lana e Andy Wachowski, ma è quel che Foursquare permette con un semplice smartphone in strada tutti i giorni. Questo social network di geolocalizzazione, infatti, fornisce una mappa sempre aggiornata dei luoghi intorno e un'ampio parterre di offerte e promozioni da riscattare attraverso la segnalazione della propria posizione. La piattaforma è adatta sia per chi ha una piccola bottega, una catena nazionale o un marchio, in quanto fornisce loro gli strumenti per interagire con clienti e fan attraverso precise attività di marketing geolocalizzato. Quali sono le azioni di marketing che un'azienda può fare quindi su Foursquare?
Essenzialmente cinque sono le strategie che possono essere intraprese:
- Creare un concorso a punti: i premi vengono conquistati in base alle azioni degli utenti, generalmente sotto un profilo quantitativo. Es. di Starbucks: un caffè gratis dopo un check-in in cinque filiali diverse;
- Punti fedeltà: dopo un numero di check-in viene creata una graduatoria, la cui leadership è detenuta da chi ha compiuto più check-in in un luogo. A costui sono destinati particolari favori, sconti parziali o totali o pubblicazione del profilo in un luogo pubblico;
- Testimonial: sfruttare la notorietà di un personaggio per un ritorno di immagine elevato. I Maroon 5 hanno un profilo su Foursquare e attraverso i loro check-in fanno sapere ai propri fan i luoghi preferiti;
- Gioco nel gioco: creare un gioco come una caccia al tesoro coinvolgendo diversi esercizi commerciali lungo il tracciato del percorso. Es. Vinitaly.
- Promozione di eventi: all'Heineken Jamming Festival sono stati creati degli spot con i relativi loghi delle aziende che vi hanno preso parte.
Come si intuisce sono tutte azioni di marketing riprese dal mondo dell’offline e riproposte sul mondo online. La differenza di fondo sta nelle conversazioni e nel tracciamento. Il passaparola online nei casi virali può raggiungere qualsiasi utente connesso alla rete anche se non ha fruito direttamente della promozione. Tuttavia, non si può negare, sono realmente pochi i casi di successo che travalicano i confini locali o nazionali. In un tale contesto, non dimentico mai di ricordarlo, l’azienda deve essere disponibile ad ascoltare queste conversazioni, a parteciparvi e a cogliere questi check-in volontari degli individui come opportunità di business, offrendo contenuti di qualità e gestendo al meglio eventuali crisi.
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martedì, 17 settembre, 2013, 12:01 - Social networks
So benissimo che non ci si dovrebbe mai fermare alle apparenze, ma purtroppo sono loro a dettare legge quando uno è distratto e ha fretta di valutare qualcuno che potrebbe diventare un dipendente, partner commerciale, fornitore o semplicemente un consulente.
Ho circa 400 professionisti collegati su Linkedin e ogni volta mi stupisco dell’unica immagine consentita a corredo del profilo, alcuni di esse sono veramente incredibili: c’è chi posta la foto vestito da crociato (immagino sia stata fatta ad una rievocazione storica), chi la foto del cane o gatto di famiglia. Chi la foto del figlio, oppure lui da bambino sporco di cioccolata, alcuni monumenti storici e simboli di partito; oppure simboli contro la caccia, per la pace, contro la guerra, per la legalizzazione delle droghe leggere e altre amenità inqualificabili.
Non servono particolari sforzi artistici, si tratta di una foto sola che vi ritrae in primo piano, magari in giacca e cravatta (per gli uomini), mentre le donne hanno qualche libertà in più e mi raccomando senza gli occhiali da sole. Nella foto dovrete apparire sorridenti ma non troppo e trasmettere sicurezza e simpatia (per quanto è possibile).
Alcune eccezioni sono consentite: chi fa un lavoro creativo, oppure basa il suo personal branding su un’immagine particolare già riconosciuta in altre piattaforme o blog può riproporla in modo da essere subito riconoscibile.
Alcuni non mettono la foto, se siete preoccupati per la vostra privacy allora il web non fa per voi.
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lunedì, 16 settembre, 2013, 22:29 - Generale
Quando si volge lo sguardo alle nuove tecnologie, capita di intravedere degli strani percorsi, che per esempio partono da un computer, passano nel corpo, nella pelle, nel cervello e poi tornano al computer. Per capire cosa sto dicendo scoprite con me queste 6 nuove trovate tecnologiche…
1) La password nel polso
Partiamo da un annoso quanto noto problema: le password. Per lavorare col computer in modo sicuro servono password altrettanto sicure, ma la maggior parte delle persone usa sempre la stessa per tutto, e neppure le password lunghe sono al sicuro dal rischio hackeraggio. Per risolvere il problema hanno inventato Nymi, un bracciale che riconosce il nostro peculiare ritmo cardiaco e lo usa come parametro di autenticazione, comunicandolo ai devices intorno a noi tramite sensori di prossimità:
Se però non volete aspettare il lancio sul mercato di Nymi o pensate di non poterne dare uno in dotazione a ogni vostro dipendente, vi ricordo che potete più semplicemente contattare REISER per risolvere i problemi di sicurezza informatica nella vostra azienda.
2) Dal polso allo smartphone
Sempre in tema di wearable technology -la tecnologia indossabile tanto di moda in questo periodo- possiamo metterci al polso anche Jawbone Up, un bracciale che rileva alcuni dati bioritmici e li trasmette all’apposita app per smartphone. In questo modo si tengono sotto controllo molte informazioni sui nostri bioritmi quotidiani, dalle ore e qualità del sonno (con la possibilità di essere svegliati da una vibrazione nel momento meno indolore della mattina), alla quantità di movimento, dall’umore alle abitudini alimentari. Un’ottima invenzione per unire un approccio olistico al proprio stile di vita con la tecnologia!
3) Dentro e fuori la pelle
L’uomo ha la tendenza a costruire robot a sua immagine e somiglianza, ma per assomigliarci il robot ha bisogno di una copertura di pelle: bene, questa è pronta. È stato applicato un circuito su una superficie estremamente elastica e resistente. Solo che poi gli scienziati hanno pensato “e se invece la usassimo per potenziare la pelle umana?”. Così al posto dei sensori per pressione e temperatura avremo dei rilevatori di parametri vitali e magari chissà, una fonte di rete wireless. Ci sta lavorando il team di Takao Someya all’Università di Tokyo.
4) La salute vien dal cielo
A proposito di pelle, corpo e relativa salute, in Germania hanno inventato il drone porta-defibrillatore, il Defikopter. Viene chiamato da una app per smartphone collegata e può raggiungere l’infartuato in qualsiasi luogo si trovi. È una bella idea, ma ha diversi lati negativi: il soccorritore casuale deve avere l’app installata, deve teleguidare il drone invece di prestare soccorso e soprattutto deve saper usare un defibrillatore. Non è un intoppo da niente per un oggetto che costa la bellezza di 26mila dollari…
5) Volare con la mente
Spaziare con la mente è una cosa che sappiamo fare dall’alba dei tempi, ma usare la propria mente per far volare realmente qualcosa è il risultato di una lunga ricerca del team del professor Bin He, dell’Università del Minnesota. Gli ingegneri biomedici hanno trovato il sistema, tramite un caschetto con sensori neurali, per telecomandare un drone (il solito quadrirotore) tramite la sola forza del pensiero, o meglio i segnali inviati dalla attività cerebrale. A parte giocare col drone, questa invenzione può essere molto utile a tutti coloro che soffrono di gravi handicap motori per avere il controllo delle cose intorno a sé.
6) Telepatia via internet
Internet fa tante belle cose, tra cui comunicare il pensiero di chi scrive una pagina web a chi la legge, ma forse non abbiamo mai immaginato che potesse comunicare un pensiero direttamente da un cervello all’altro. All’Università di Washington ci sono riusciti: un ricercatore ha pensato di muovere un dito e un secondo ricercatore, collegato in un’altra stanza con un caschetto per la stimolazione magnetica transcranica, ha mosso effettivamente il dito, ma quel che più sorprende è che questo “dato cerebrale” è stato trasmesso via internet! Così presto quando vi chiamerà la mamma disperata al telefono urlando “è sparito gùgol dal computer, fai qualcosa!”, invece di dirle passo passo cosa fare sperando che capisca, potrete prendere direttamente il controllo della sua mano sul mouse! È un’invenzione che potrebbe riportare la pace in famiglia… ;-)
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domenica, 15 settembre, 2013, 10:36 - Generale
Addio posto fisso. Addio datori di lavoro. Addio ufficio. Addio scrivania. Benvenuto lavoro libero e indipendente. Secondo voi è possibile?
Grazie a internet, a quanto pare, sì. E potevamo noi di MArketing StreeT non indagare questo fenomeno così interessante, questa scelta così coraggiosa che alcuni fanno?
Si chiamano nomadi digitali, sono l’evoluzione più moderna e consapevole dei freelance e la loro non è solo una scelta dettata da una precisa esigenza, ma una vera e propria filosofia di vita: girano il mondo lavorando ovunque grazie a Internet.
Qual è la loro dichiarazione d’intenti? Vi proponiamo quella ufficiale, direttamente dal sito www.nomadidigitali.it :)
Sono mobili, creativi e indipendenti. Grazie alla rete sono in grado di viaggiare ovunque, ridisegnando la loro vita in base alle loro passioni.
Vivono inseguendo i loro sogni. Varcano il limite delle regole imposte dalla società, reinventandone di proprie e nel mentre fanno il lavoro che hanno sempre desiderato fare.
Credono nella cooperazione. Sostengono tutto ciò che è innovazione tramite la collaborazione e rifiutano la concorrenza spietata: nel mercato c’è abbastanza posto per tutti.
Hanno un nuovo concetto di ricchezza. Non sono i soldi che fanno la felicità, ma la consapevolezza di fare quello che si desidera, in totale libertà.
Vivono di viaggi. Scoprire nuovi luoghi e nuove culture è il segreto per aprire la mente e conoscere se stessi e gli altri.
Grazie ai social si sentono a casa ovunque. Non è necessario vedersi tutti i giorni per sapere di esserci l’uno per l’altro, basta rimanere in collegamento sui social e ovunque vai hai sempre qualcuno contento di ospitarti.
La Rete è democrazia e libertà. E’ uno strumento assolutamente libero che deve essere gestito dagli utenti.
Consumano meno e producono di più. Viaggiano con il minimo necessario, usano le fonti energetiche in modo migliore e creano valore, molto spesso aiutando gli altri.
Solitamente i “nomads” sono persone che hanno deciso di liberarsi dai dogmi e dalla routine imposta da un lavoro che li ha prosciugati della vitalità per rifugiarsi in uno stile di vita meno agiato ma molto più rispettoso della persona e dei suoi bisogni.
Ovviamente non tutte le professioni si possono fare in mobilità. Le più gettonate sono: web designer, blogger, giornalista freelance, scrittore, ceo specialist e programmatore, alle quali si aggiungono una moltitudine di nuovi impieghi, completamente inventati da zero, nati dalla mente creativa e ingegnosa dei “location indipendent”.
La destinazione preferita? La Thailandia, grazie alla connessione veloce e all’ottimo rapporto tra qualità e costo della vita.
Le storie di chi ce l’ha fatta sono tantissime e tutte molto diverse tra loro. Ora vi chiediamo: voi fareste mai una scelta del genere? Ne sentite mai l’esigenza? Qual è il vostro sogno nel cassetto, il posto nel mondo dove vorreste andare a vivere? Raccontatecelo!
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